---RUBRICA-- : AMATI, ODIATI, RIMOSSI: I NOSTRI FILM DI CULTO
__LA PRIMA NOTTE DI QUIETE__ “La prima notte di quiete” (1972) di Valerio Zurlini è un film che appare in vantaggio sul proprio tempo, situandosi prossimo al nostro. In effetti a guardarlo oggi, curiosamente, i difetti evidenti (inverosimiglianza psicologica e situazionale, nichilismo di riporto, prolissità o eccessiva frammentarietà) , che all’uscita non vennero perdonati dalla critica ufficiale (e penso a Miccichè, a Buttafava e piu’ recentemente a Garofalo, che ne sottolinea la presunta deriva trash) sembrano invece essere determinanti nel raggiungimento dell’empatia con lo spettatore. Cosi’il film ottiene il suo risultato piu’ duraturo e meritorionel momento in cui plasma una forma nuova dalle rovine e crea una composizione inedita dalle singole parti viziate. Non sono inedite le passeggiate sulla banchina (Fellini), il maledettismo un po’ maudit del protagonista (un Delon che implodendo la lezione di Visconti, recita per sottrazione), il gruppo di vitelloni (il Bolognini dei Giovani mariti), l’epilogo tragico, quasi un Toby Dammit con sensi di colpa . Ma lo sono invece i raccordi che scansano la centralità delle scene madri in favore dell’inespresso quotidiano e della coazione a ripetere (con lo stesso drink, la stessa discoteca, la stessa partita a carte con possibili variazioni sul tema), le figure di contorno che irrompono come fantasmi per poi sparire (Randone, Valli ma anche la Massari, unico spettro triste che periodicamente riappare), i rapporti di coppia allo stato brado (che riprendono forse Celine con il suo “amore a livello dei barboncini”) e la sensazione sfuggevole ma evidente di sentirsi parti in causa. Raramente la malinconia della riviera invernale è stata raccontata in immagini con tale struggente senso della perdita: piu’ che Avati o Fellini l’unico parallelo mi sembra quello con Verde Luna (Sogni e bisogni) di Sergio Citti, che rappresenta , con altro tono, lo stesso disappunto per il vuoto. Soprattutto rimane nella mente la figura piu’ bella del film, quella del vero protagonista, interpretato da Giancarlo Giannini, specchio sensibile puntato verso lo spettatore, combattuto tra immedesimazione e rifiuto della norma, tra rispetto del ruolo e necessità di buttare via classe e amici per rinascere a nuova vita (come ben esplicita l’ultimissima scena del funerale).Robert Eroica
1:28 PM
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