UN RICORDO DELLA CASA AZZURRA - PICCOLA STORIA CATALANA (2^ PUNTATA)
Le onde frangevano il bagnasciuga con la spontaneità del mirtillo che incontra le papille del gusto. Un gabbiano sonnacchioso solcava i cirri appesantiti dalla pioggia imminenete, mentre le poiane non si sa dove cazzo fossero finite: con tutta evidenza la notte brava che avevano trascorso all’Osteria del Sampietrino, tra beccacce sifilitiche e piccioni ermafroditi era stata per loro fatale. Gaudì si chino’ lentamente e col dorso della mano sfioro’ l’acqua. Rabbrividi’al contatto. Quella era l’acqua verde di vita che la fisiologia antica del proprio corpo eruttava anche nottetempo sui suoi calzoni colorati e che lo lasciavano allora con una inquietudine strana. Era l’acqua cheta che passava sotto i suoi ponti di ragazzo, lontano dalla marcezza delle cose e puro come le albe a nord del mondo, era l’acqua violentissima e indomata del primo amore, e infine l’acqua inerme e ormai viola della vecchiezza, che avrebbe consumato in silenzio nella casa di riposo 42 aprile, in cui ancora oggi si trova una targhetta a futura memoria. La casa dei suoi sogni doveva avere la consistenza del mare e la fragranza dell’aria dopo la tempesta. Doveva essere intrisa di tutti i colori, costruita con tutte le forme, possedere l’odore della notte ai tropici e la dolcezza intatta dei primi nati. Doveva essere la casa del Capitano Achab, del capitano Nemo, ma anche la sua e quella di tutti gli uomini. Fu allora che pianse brindando da solo alla fine delle lacrime future. Poi ringrazio’ la sorte azzurra che gli donava quelle visioni e, ritornando sui suoi passi decise di mettersi all’opera. Quattro anni, sei mesi, cinque ore, nove minuti e quarantadue secondi dopo Casa Batlo’ era finita. (fine) ---Robert Eroica---
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