mercoledì, maggio 24, 2006

TRIPPA PER ROBIN (Le grandi storie di Al Broadbeancooked -I)

Pioggia. Odore di terra polverosa. Tra la ferraglia ossidata del terrazzo del Silvan’s Discount, la sagoma di Superman è un’ombra inesorabile disegnata dalla luce eburnea dei lampioni. Nel cono oscuro degli spioventi, Batman lo attende in un immoto distacco, ripiegato sulle ginocchia. Non dall’insistita raffica dell’acqua sulle piastrelle, l’inquieto silenzio è abbattuto dalla condanna esalata infine dall’uomo di Krypton: “Al porc...”, come l’indice teso sul grilletto, puntato tra gli occhi. Un urlo, forse dall’interno: “Giovanni Galli”; poi un suono ottuso e santi evocati in uno sparso inventario, un battito di ciglia che sfugge il confronto e con la violenza primigenia della natura Batman scatta scagliando un calcio secco nei coglioni rivali. In un attimo accecante, lento come già vissuto, il corpo di Superman si solleva goffo come un fantoccio disarticolato e con un passo di tango a ritroso ricade pesantemente sul pavimento bagnato. Un digrignante ghigno muto, tra sillabe spezzate da un’asma lancinante: il supereroe si accartoccia in un cortocircuito incontrollabile di schegge di rivalsa e santini del passato glorioso con Wonder Woman. Ora il pipistrello incombe dall’alto, plumbeo sulla poltiglia del nemico. C’è ancora tempo per finirsi. La spina del Daily Planet ha già perso la sua arrogante sicumera, come un’impennata in Ciao gnagna al vento e smarmittante, ma sa ancora come ristabilire le gerarchie consolidate in anni di garini sugli argini. E non passano invano i consigli per gli acquisti con l’eco di Gigi Sabani dal vano delle scale. Superman ritrova l’equilibrio, è in piedi, e squadra il tizio con la tutina grigia: Batman è ancora lì, pronto a sfidare nuovamente l’uomo d’acciaio ed accompagna l’oscillazione pelvica con un movimento delle braccia a “V”, il cui vertice s’indirizza sotto il tamarrissimo cinturone. Superman si piazza allora di fronte al rivale, piegato in avanti, le mani ad inquadrare i batmaroni come Tonino Guerra sul set di “L’urlo di Chen terrorizza l’Occidente”, una gamba protesa e l’altra dietro in rincorsa ad accumulare tonnellate d’ira dai tempi degli agguati in camporella con Betty Boop. Si gonfia il quadricipite imbizzarrito e scalpita, raspa il piede destro, sbuffano le froge. Poi Superman scarica il suo micidiale supercalcio ed ecco la visione di Paolo di Tarso e del metatarso frantumarsi in un caleidoscopio di coriandoli in pappa e quella volta che scivolò tra i ciottoli del torrente di Smallville, i biscotti pucciati che ricascavano nella tazza ed un intenso profumo di gigli. Sfioriscono i gigli e una nevicata di petali svela l’indicibile scena del piede sbriciolato di Superman nell’impatto sui macigni dell’eroe di Gotham City, il nitrito preistorico, la caviglia sfarfallante e la parola fine su cinquant’anni d’albi cartonati. Pat-pat onomatopeici accompagnano le pacchette sul buzzo imborghesito e Batman scolpisce serafico l’epica definitiva: “Amico, tu hai il piede armato, ma io ho il cazzo armato”._____Ray Blair