martedì, aprile 27, 2010
mercoledì, giugno 21, 2006
LURID SCORPION
martedì, giugno 20, 2006
Le grandi storie di Al Broadbeancooked - III
Uno, due, tre, quattro, come gli aghi di pino coperti di neve, cinque, sei, sette, il freddo punge la pelle e cristallizza l’umido, otto, nove, in geometrie ignote sulla schiena nuda, dieci. E un altro è andato. Essere arrivati fin lì e la sensazione, adesso, di poter perdere tutto. Nicholas Caine, che con la piccola Geena dai pantani di Greenbow, Alabama, aveva puntato i suoi quattro Dunlop verso nord, verso la micacea Pittsbourgh davanti ai cancelli chiusi delle acciaierie, lui ancora sull’asfalto e sulla bocca della gente perbene per quella presunta omosessualità di cui troppo s’era detto senza chiarire mai, Nicholas Caine, con i piedi nella neve. Un altro colpo: uno, due, tre e allora lui affidò senza una lacrima la piccola Geena a una badante negra e salpò clandestino su un cargo mediorientale, cinque, sei, contrabbando di alcol, si diceva, spremute di cedro o qualcos’altro, sulle coste del Libano. Nove. Porto di Beirut, molo n°84. Dieci. I passi si avvicinano e affondano con un crocchio morbido nella neve, di nuovo s’arrestano alle spalle di qualcuno, poi parte colpo durissimo, che tra gli abeti e le betulle intorno alla radura trova un’eco attutita dalla coltre bianca. Uno, due, tre e uscito dal container si ritrovò a Tripoli in un pomeriggio arancione di caldo polveroso, e cazzo se l’avevano incastrato. Sei, sette, dai, vediamo chi resta in piedi, otto, nove, dieci. Uno di meno, si disse così anche allora prima che le falangi maronite si occupassero di lui. Quello che accadde poi non è facile da ricordare: a pagina 100 c’è sicuro Batman, c’è Mennea, non ricorda a quale titolo, e c’è che da Tripoli volò ad Helsinki, con l’altoparlante che gracchiava un Heellsinnki spremuto e rotondo: questo lo aveva sentito e messo da parte, perché ora tornano solo i ricordi più superflui, tra i quali le estati a Deer Beach oppure Pirro appeso per un piede a una cancellata con una sporta di merda in mano. Così. E adesso eccolo Nicholas Caine da Greenbow, Alabama, le mani legate dietro la schiena, dietro la sedia, i muscoli tesi, i denti stretti. Colpito, l’altro. Uno, due, tre è questa sensazione di vulnerabilità che lo paralizza, come quando la Sitty scorreva con il dito sul registro per quelle domande sulle Twin Towers e quell’insegnante con il naso picassiano poi, che gli alitava sul collo e che forse lo aveva anche molestato, cinque, sei, Helsinki. Nell’infinito crepuscolo finlandese, il cielo, gli alberi, la pelle nuda e livida degli altri stronzi in mutande come lui, un circolo scelto, tutto s’era velato d’argento e azzurro, e poi il nero, il buio della benda, otto, nove, dieci. Dieci: è il momento, non ce sono altri, ma sarebbe di molto preferibile una sgugna su uno di quei tronchi coperti di licheni. I piedi nella neve, l’umido cristallizzato sulla schiena nuda gli disegna l’uno di Galli, il freddo che si insinua tra le dita, dentro le ossa e i polmoni, i denti stretti, le giunture bloccate, sa che tocca a lui ed il collo gli s’irrigidisce e non dovrebbe, non lo sente, non sente niente. Un bagliore rancido è un momento che non descrive perché la neve gli sta intorno adesso, sulla faccia e tra i denti, sente il freddo sulla barba che anestetizza l’orecchio, la benda umida sugli occhi, scaraventato a terra, tre, colpito, quattro, sull’orecchio sinistro come s’aspettava, cinque, troia ladra che male bastardi, sei, quello che c’è da fare quello che c’è da fare, sette, comincia a strappare a strappare il braccio destro che non si libera, otto, strappa il braccio destro lo strappa è fuori il polso la corda è sul palmo e strappa, nove, è fuori il braccio destro fa un arco laterale e solleva la neve s’inclina il tronco gira la testa, dieci. Ha già toccato la fronte. Brutti froci, voi e i vostri giochi del cazzo.
Ray Blair's Al Broadbeancooked
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lunedì, giugno 19, 2006
LAVORARE STRONCA (Le grandi storie di Al Broadbeancooked - II)
mercoledì, giugno 14, 2006
SEGNALI DI STUPRO
martedì, giugno 13, 2006
C'E' SEMPRE TROPPO CINEMA NELLA MIA FANTASIA_____Poeta Pacchio
Vorrei
domenica, giugno 11, 2006
SCONOSCIUTO INTELLIGENTE
giovedì, giugno 08, 2006
L'economia si impenna!!!!
mercoledì, giugno 07, 2006
MAURI'S BLOG
lunedì, giugno 05, 2006
CALCIOPOLI A GO-GO...
domenica, giugno 04, 2006
martedì, maggio 30, 2006
CINEBILLO!
lunedì, maggio 29, 2006
ALTRI CIELI di Robert Eroica, in un raro momento di lucidità (ti voglio bene, tuo Randall)
E riderai Quel giorno riderai E scoprirai Che niente è cambiato…. Bruno Lauzi________________ L’aereo si confondeva nel blu cobalto del cielo romano. Smaltite le dita rosate dell’alba era passato ad un colore indistinto. Un colore senza emozione che accreditava le voci che lo volevano privo di dei. Jhon teneva la mano di Ilaria senza dire una parola ma fissando un punto all’orizzonte, nella campagna che non avrebbe mai conosciuto. Oltre le vigne e gli agrumeti l’orizzonte custodiva scrigni che avrebbe ignorato con qualche rimpianto, anche se non aveva mai sentito completamente suoi. Adesso il compito spettava ad altri. Quello che un semplice soldato doveva fare, lui l’aveva fatto. Ora il suo tempo era finito. Era finita la stagione breve, quella che trenta anni dopo si sarebbe rivelata, agli occhi di un vecchio, la piu’importante di tutta una vita. Finita la paura e le bombe, finito anche il tempo della morte, ma forse anche quello dell’amore. Rimanevano gli occhi di Ilaria tenuti assieme dalle lacrime. E il suo volto, che le lacrime aveva abbandonato per obbedire ad un ordine stupido. Rimaneva l’Oceano da superare in volo prima di approdare in una fattoria dell’Ohio dove lo aspettava docile una famiglia dimenticata. Il sapore malato del distacco, scopriva ora, era insopportabile, e avrebbe voluto possedere il significato di tutte le parole del mondo per usarle a proposito, ma il balbettio e la raucedine nervosa era l’unico risultato tangibile del suo sforzo. Poco vicino il comandante Stuart controllava che lo smistamento avvenisse regolare e il piu’ rapidamente possibile, dalla torre di controllo i segnali erano anch’essi favorevoli all’addio. Eddie “Baby” Jhonson stava salendo con l’ausiliario Miller verso la prima carlinga. Un rumore metallico obbligo’ Jhon a ratificare in fretta cio’ che i due amanti avevano da tempo stabilito, senza parole, cosi’ come era iniziata. Le loro labbra divennero uniche e fotografarono per sempre l’istante che li rendeva intangibili al mondo. Poi, ripresi ognuno i suoi occhi, lasciarono sparire nel sogno tutto il bianco che segue. Dedicato a Bruno, Gino e Lucio, che hanno tentato di rendere a parole tutto l’inesprimibile che circonda le nostre vite. (Per conto mio il pezzo potrebbe chiamarsi benissimo “Lasciarsi un giorno a Roma”, ma non volevo rubare il titolo al brano straordinario di Nicolo’ Fabi che, per chi scrive, è uno dei piu’ grandi artisti del nostro tempo)____________ Robert Eroica